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in Isabel Cristina Ferreira Fernandes (Coord.), As Ordens Militares. Freires, Guerreiros,Cavaleiros. Actas do VI Encontro sobre Ordens Militares, Vol. 2, GEsOS / Município de Palmela, Palmela, 2012. TEMPLARI, ORIENTE, CROCIATA: PERCORSI DI RICERCA IN ITALIA SETTENTRIONALE Elena Bellomo Università di Verona Il Tempio è un ordine religioso dall’intrinseca vocazione internazionale. Il suo reclutamento si attua su base sovrannazionale, le sue attività militari si dispiegano tra Europa e Mediterraneo e queste aree divengono quindi il crocevia dei complessi rapporti che uniscono le province occidentali dell’ordine all’Oriente. Le relazioni tra est e ovest che ebbero nel Tempio il proprio tramite rappresentano dunque un campo d’indagine essenziale, ma, per quanto concerne l’Italia settentrionale, anche oltremodo ostico. Le poche informazioni sopravvissute giacciono infatti disseminate tra fonti di varia natura e provenienza. Sta allo storico rintracciarle, valutarle e ricomporle in un insieme coerente grazie ad un lavoro che potremmo figurativamente apparentare al restauro della trama di un antico tessuto, che nel corso dei secoli ha smarrito consistenza e continuità. Il maestro provinciale Bonifacio tra Germania e Oltremare Il primo elemento che viene spontaneo considerare è quello della mobilità dei frati con particolare riferimento al servizio prestato in Oriente. Una speciale tipologia di fonti, i verbali del processo contro il Tempio, ci sono d’ausilio in quest’indagine. Nessuna deposizione stilata in Italia settentrionale è purtroppo sopravvissuta1. Alcune inchieste _______________________________________________ In merito al processo in Italia settentrionale mi permetto di rimandare al mio articolo «Rinaldo da Concorezzo, archbishop of Ravenna, and the Trial of the Templars in North Italy», in Helen NICHOLSON, Jochen BURGTORF, Paul F. CRAWFORD (a cura di), The Debate on the Trial of the Templars. 1307-2007, Ashgate, Farnham, 2010, p. 255-268. 1 799 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS svolte in altri paesi serbano tuttavia testimonianza degli spostamenti di frati provenienti dall’Italia settentrionale. Francesco da Genova, Nicola da Montecucco, Guglielmo de Garent, originario del Monferrato, e Pietro Cadelli, forse oriundo di questa stessa area, sono annoverati tra i templari processati a Cipro2. Secondo una deposizione raccolta in Francia, il loro confratello Antonio da Vercelli, nipote di Uguccione, cubiculario papale e maestro templare di Lombardia agli inizi del XIV secolo, era stato accolto nell’ordine in oltremare3. Questi pur scarni dati confermano non solo la presenza in Oriente di frati provenienti dall’Italia settentrionale, ma attestano anche il servizio oltremarino prestato da giovani cavalieri, come appunto Antonio da Vercelli o Nicola da Montecucco, che, parenti di dignitari provinciali, erano probabilmente destinati ad una prestigiosa carriera in patria al termine del loro periodo di “formazione” in Oriente4. Gli atti processuali attestano una mobilità dei frati che, per quanto concerne l’Italia settentrionale, ci sarebbe altrimenti ignota. La stessa scarsità di informazioni purtroppo ci impedisce di delineare un quadro, anche generico, delle trasferte oltremarine dei dignitari deputati a governare quest’area e dei loro rapporti con il convento centrale. Un solo atto, infatti, rogato nel 1167, serba memoria del viaggio in Oriente di uno di questi funzionari. Bonifacio, primo maestro di Lombardia attestato nelle fonti5, trascorse infatti la Pasqua di quell’anno a Gerusalemme, dopo aver probabilmente viaggiato verso la Terrasanta in compagnia di un nutrito gruppo di nobili tedeschi in pellegrinaggio. Tra questi baroni spiccavano Guelfo VI di Baviera e Federico di Wittelsbach. Su incarico del gran maestro del Tempio, Bonifacio aveva portato a termine la vendita di alcuni beni dell’ordine a Ottone di Wittelsbach, fratello di Federico, e, proprio in occasione della presenza di _______________________________________________ SCHOTTMÜLLER, Konrad, Der Untergang des Templer-Ordens, 2 voll., E.S. Mittler, Berlino, 1887, II, p. 174-175, 191, 198-199, 209-210, 256-260, 320-323, 341-343; GILMOUR-BRYSON, Anne (a cura di), The Trial of the Templars in Cyprus. A Complete English Edition, Brill, Leiden, 1998, p. 90-91, 115-116, 125-127, 140-141, 203-208, 286-288, 321-327, 367-370; BELLOMO, Elena, «Mobility of Templar Brothers and Dignitaries: The Case of North-Western Italy», in Jochen BURGTORF, Helen NICHOLSON (a cura di), International Mobility in the Military Orders (Twelfth to Fifteenth Centuries). Travelling on Christ’s Business, Cardiff University Press, Cardiff, 2005, p. 103; BELLOMO, Elena, The Templar Order in North-west Italy (1142-c. 1330), Brill, Leiden-Boston, 2008, p. 197. 3 Su Uguccione e il nipote Antonio si veda BELLOMO, The Templar Order, p. 40, 102-105; MICHELET, Jules (a cura di), Le procès des Templiers, 2 voll., Parigi, 1841, rist. 1987, II, p. 562. 4 In generale, sulla mobilità di frati e dignitari originari dell’Italia nord-occidentale si rimanda a BELLOMO, «Mobility», passim; BELLOMO, The Templar Order, p. 44. Sulle possibilità di carriera favorite dalla mobilità dei dignitari si veda FOREY, Alan J., The Templars in the Corona de Aragón, Oxford University Press, London, 1973, p. 309-310; BELLOMO, The Templar Order, p. 103, 107. 5 Il termine Lombardia indica in questo periodo una regione dai confini molto variabili, che può arrivare ad estendersi all’intera Italia settentrionale e a parte di quella centrale, ma anche limitarsi a porzioni ben più limitate di territorio. BELLOMO, The Templar Order, p. 33-34, 91, 363. Si veda in merito anche infra, nota 47. 2 800 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO questi personaggi a Gerusalemme, venne emesso l’atto di ratifica di tale cessione, il quale costituisce l’unica testimonianza rimasta del viaggio di Bonifacio in oltremare6. Appare oltremodo significativo che la più antica menzione del dignitario provinciale deputato a guidare l’Italia settentrionale lo dipinga in relazione con i più alti gradi dell’ordine e impegnato a tessere le fila del dialogo tra Oriente e Occidente. Bonifacio aveva infatti il non semplice compito di guidare una provincia ampia, l’organizzazione della quale era probabilmente in via di definizione, tanto è vero che proprio alla sua figura fanno riferimento anche i beni templari d’oltralpe, ancora non supervisionati da un dignitario referente per l’area tedesca7. Lo stesso termine Lombardia ha nelle fonti templari contemporanee un significato fluido, che abbraccia l’intera Italia settentrionale e parte di quella centrale, ma anche porzioni di territorio più limitate8. La vendita dei beni bavaresi condotta a termine da Bonifacio rientra nella politica templare allora prevalente nell’area dell’Europa centrale, volta a monetizzare prontamente donazioni ed acquisizioni territoriali per sostenere i bisogni finanziari dell’ordine9. Questa pur isolata testimonianza attesta dunque un ulteriore aspetto del complesso rapporto tra Lombardia medievale, Oriente e Crociata: il contributo di questa regione alla missione del Tempio attraverso la corresponsione di risorse materiali. Le testimonianze relative all’esazione e versamento delle responsiones in Italia settentrionale sono quasi assenti e l’atto del 1167 assume dunque in questa prospettiva una speciale importanza, segnalando in questo caso la Lombardia medievale quale tramite dell’afflusso in Oriente di risorse che provenivano non solo dalle Penisola italica, ma anche da oltralpe e confermando il tradizionale ruolo di tramite tra Europa continentale e area mediterranea che questa regione ha con continuità assolto fin dall’età antica. _______________________________________________ RÖHRICHT, Reinhold (a cura di), Regesta Regni Hierosolimitani, 2 voll., Libraria Academica Wagneriana, Innsbruck, 1893-1904, rist. New York, 1960, n° 446, p. 116; GRAUERT, Hermann, «Eine Tempelherrenurkunde von 1167», Archivalische Zeitschrift, 3, 1878, Stuttgart, p. 294-295; MISTELE, Karl Heinz, «Zur Geschichte des Templerordens in Süddeutschland», Mitteilingen für die Archivpflege in Bayern, Sonderheft 5, 1967, Regensburg, p. 20, n° 1; BULST-THIELE, Marie-Luise, Sacrae Domus Militiae Templi Hierosolimitani Magistri. Untersuchungen zur Geschichte des Templerordens. 1118/9–1314, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen, 1974 (Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, 3. Folge, Philologisch-historische Klasse, 86), p. 74, 370; WEIß, Dieter J., Geistliche Ritterorden in Franken im Mittelalter, Düsseldorf-Nurnberg, 1988, p. 4-6; BORCHARDT, Karl, «The Templars in Central Europe», in Zsolt HUNYADI, József LASZLOVSZKY (a cura di), The Crusades and the Military Orders. Expanding the Frontiers of Medieval Latin Christianity, Central European University, Budapest, 2001, p. 235, 236; CLAVERIE, Pierre-Vincent, L'ordre du Temple en Terre sainte et a Chypre au XIIIe siècle, 3 voll., Centre de Recherche Scientifique, Nicosia, 2005, vol. II, n° II, p. 54-55; BURGTORF, Jochen, The Central Convent of Hospitallers and Templars. History, Organization, and Personnel (1099/1120-1310), Brill, Leiden-Boston, 2008, p. 668. 7 Nel 1208 è attestato un provisor bonorum Theotonie. BORCHARDT, «The Templars in Central Europe», p. 236. 8 BELLOMO, The Templar Order, p. 83-90. 9 BORCHARDT, «The Templars in Central Europe», p. 235. 6 801 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS Evidentemente Bonifacio aveva dato buona prova di sé in questa e, forse, in precedenti missioni. Al suo ritorno in Italia, nel dicembre 1167, la documentazione lo ricorda infatti con la nuova qualifica di de rebus Templi in Italia magister et procurator. Le sue responsabilità vengono così ad estendersi di là dei territori della Lombardia medievale e la fonte in questione precisa che la sua promozione era avvenuta per voluntatem Dei et fratrum nostrorum, frutto quindi, secondo l’uso corrente, di una deliberazione collegiale10. Nel medesimo tempo è opportuno sottolineare che la presenza di Bonifacio in oltremare si innesta anche in una più vasta trama di relazioni che in questi anni avvicinano i Templari lombardi al partito federiciano, in piena corrispondenza con le posizioni politiche generalmente adottate dall’episcopato locale in questo stesso periodo. Durante l’assedio di Milano del 1158 Federico Barbarossa si era infatti acquartierato proprio presso la locale fondazione templare11. Significativi esponenti della nobiltà lombarda, schierati sul fronte svevo, erano in questo periodo molto vicini agli ordini monastico militari che, nel caso dell’Ospedale, ricevettero cospicue donazioni anche dall’imperatore12. Queste informazioni disperse, se riunite e valutate in un contesto _______________________________________________ Sulle nomine dei delegati oltremarini si rimanda a BURGTORF, The Central Convent, p. 192-193. Per una diversa interpretazione che, sulla scorta dei documenti relativi all’Ospedale, ritiene che in questo periodo i termini Lombardia e Italia fossero equivalenti si veda TOMMASI, Francesco, «L’ordinamento geografico-amministrativo dell’Ospedale in Italia (secc. XII-XIV)», in Anthony LUTTRELL, Francesco TOMMASI (a cura di), Religiones Militares. Contributi alla storia degli Ordini religioso-militari nel medioevo, Selecta Editrice, Città di Castello, 2008, p. 68ss. Pur in una situazione amministrativa ancora molto fluida, in base alle testimonianze templari credo invece più probabile che i due termini si riferissero invece a circoscrizioni differenti, anche se ancora in via di esatta definizione, che potevano comunque essere amministrate da un unico dignitario. In questa chiave interpreto dunque il fatto che nel 1169 papa Alessandro III confermasse Bonifatio magistro et fratribus militie templi in Lombardia la proprietà dell’ospedale e dei beni della chiesa di S. Stefano di Reggio Emilia. TIRABOSCHI, Girolamo, Memorie storiche modenesi col Codice diplomatico, 5 voll., Modena, 1793-1795, III, doc. 446, p. 54; JAFFÉ, Phillipp, LÖWENFELD, Samuel, KALTENBRUNNER, P., EWALD, Paul (a cura di), Regesta pontificum Romanorum ab condita Ecclesia ad annum post Christum natum 1198, 2 voll., Veit, Leipzig, 1885-18882, n° 11659; KEHR, Paul Fridolin, Italia pontificia sive repertorium privilegiorum et litterarum a Romanis Pontificibus ante annum MCLXXXXVIII Italiae ecclesiis, monasteriis, civitatibus singulisque personis concessorum, 10 voll., Apud Weidmannos, Berlino, 1906-1975, V, n° 1, p. 377. Le fonti templari segnalano inoltre la contemporanea presenza di maestri provinciali chiamati ad amministrare le circoscrizioni di Italia e Lombardia. Vedi infra, nota 22. 11 SCHMALE, Franz Josef (a cura di), Narratio de Lombardie obpressione et subiectione, in SCHMALE, Franz Josef, Italische Quellen über die Taten Kaiser Friedrichs I. in Italien und der Brief über den Kreuzzug Kaiser Friedrichs I., Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1986 (Ausgewahlte Quellen zur deutschen Geschichte des Mittelalters, 17a), p. 258; SCHMALE, Franz Josef (a cura di), OTTONE MORENA E CONTINUATORI, Libellus de rebus a Frederico imperatore gestis, ibidem, p. 84. In questo stesso periodo il maestro romano del Tempio cum suis fratribus garantiva il proprio supporto all’antipapa federiciano Vittore IV: SCHMALE, Franz Josef (a cura di), OTTONE DI FRISINGA - RAHEWINO, Gesta Frederici seu rectius Cronica, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1974, p. 674. 12 Tra essi figurano i conti di Biandrate, i signori di Quattordio e i marchesi di Monferrato. BELLOMO, The Templar Order, p. 33-34. 10 802 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO unitario, conferiscono verosimiglianza all’ipotesi che Bonifacio fosse stato scelto per seguire la vendita dei beni templari ad Ottone di Wittelsbach, fedele sostenitore del Barbarossa, anche perché persona probabilmente gradita a tale interlocutore13. Purtroppo il viaggio di Bonifacio in oltremare rimane una trasferta isolata e, allo stato attuale delle ricerche, non vi è altra notizia relativa alla presenza nell’Oriente latino di un maestro di Lombardia o d’Italia, né della sua partecipazione ad un capitolo generale dell’ordine14. Il maestro di Lombardia Barrochius e la Quarta Crociata15 Nuova occasione per una possibile trasferta in Terrasanta, in questo caso mancata, di un maestro templare italiano potrebbe aver coinciso con la Quarta Crociata. Nessuna fonte fa esplicita menzione della presenza degli ordini monastico militari nel contingente crociato. Dopo la conquista della capitale bizantina, la presenza templare nell’entourage di Baldovino I, nuovo imperatore di Costantinopoli, è tuttavia attestata da due missive papali che hanno inoltre un preciso legame con la provincia templare di Lombardia. In una lettera inclusa nei registri del pontefice Innocenzo III e datata ottobre 1204, il papa racconta infatti che Barrochius, in Lombardia domorum Templi magister, su richiesta Baldovino di Costantinopoli, stava portando dalla Grecia alcuni preziosi doni sia destinati dall’imperatore al papa16, sia raccolti ad opus Templi17, quando la sua _______________________________________________ BELLOMO, The Templar Order, p. 34. Giacomo de Boscho (1245), magister et preceptor totius Italie, e uno dei suoi successori, Pietro Fernandi (1259-1260), furono comunque destinatari di lettere di procura vergate dai vertici dell’ordine grazie alle quali essi venivano delegati a condurre transazioni economiche di particolare rilievo. GABOTTO, Ferdinando, GUASCO DI BISIO, Francesco (a cura di), Il «Libro Rosso» del comune di Chieri, Pinerolo, 1918 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 75), doc. 47, p. 86; BINI, Telesforo, «Dei Tempieri e del loro processo in Toscana», Atti della Reale Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti, 15, 1845, Lucca, doc. 4, p. 443-452. 15 Confluisce in questo paragrafo parte dell’articolo «Tra Oriente e Occidente: Il magistero di Barozio, maestro templare di Lombardia e d’Italia (circa 1200-1205)», che da tempo, per cause indipendenti dalla mia volontà, è in attesa di pubblicazione. 16 Videlicet carbunculum unum emptum (...) mille marcarum argenti, unum anulum pretiosum, examita quinque palliumque peroptimum ad altaris ornatum. HAGENEDER, Othmar, HAIDACHER, Anton et alii (a cura di), Die register Innocenz’ III., 11 voll., H. Böhlaus-Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, Graz-Colonia-Vienna-Roma, 1964-2010, VII, doc. 147, p. 235. 17 Duas yconas, unam habentem tres marcas aurei et aliam decem marcas argenti, cum ligno vivifice crucis et multis lapidibus pretiosis, duas crucis aureas et inter topazios, smaragdos et rubinos pene ducentos, unam cristallinam ampullam et duos scifos argenteos, unam sacellam desuper deauratam, duas capselas et unam ampullam argenteas et in super quinquaginta marcas argenti. Ibidem. 13 14 803 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS imbarcazione era stata assaltata presso il porto di Modone da alcuni pirati genovesi18. Il pontefice si rivolgeva quindi al Podestà e al popolo di Genova affinché essi restituissero il bottino19. La missione presso la curia pontificia di Barrochius o Barozio, forma nella quale viene volgarizzato il nome del dignitario templare nei regesti di documentazione oggi perduta, si delinea con maggiore nettezza in un’altra missiva sempre stilata nel 1204 e anch’essa posta a registro. Nella lettera il papa rispondeva ad un messaggio di Baldovino I, consegnatogli dallo stesso Barozio, che conteneva il resoconto della presa di Costantinopoli e la giustificazione della nascita del nuovo impero latino20. Grazie a queste due lettere siamo dunque informati del fatto che il maestro templare era stato chiamato a svolgere il complesso ruolo di mediatore nelle comunicazioni tra il pontefice e la nuova corte costantinopolitana. Data l’importanza e delicatezza di tale missione, egli doveva certo essere tenuto in notevole considerazione dall’imperatore. La fiducia riposta da Baldovino in Barozio indurrebbe quindi a ipotizzare che la sua conoscenza del dignitario templare fosse tutt’altro che superficiale. Purtroppo nessun documento attesta la presenza di Barozio tra i partecipanti alla Quarta Crociata. Tuttavia, durante la spedizione, la sua assenza dalla giurisdizione templare affidatagli potrebbe essere corroborata dal fatto che nel 1203 egli non prese parte al capitolo provinciale lombardo, tenutosi ad Asti, dove pur si deliberò la vendita di una consistente proprietà templare. In tale occasione fu invece il maestro d’Italia, Aimerico de Saliis, a dare il proprio assenso all’operazione21. L’importanza della transazione richiedeva certamente l’avvallo di un’autorità provinciale, ma non necessariamente quella del maestro d’Italia22. Appare dunque verosimile che Aimerico fosse stato chiamato a un’azione di supplenza dovuta alla trasferta crociata di Barozio. _______________________________________________ 18 Si veda anche RIANT, Paul (a cura di), Exuviae sacrae Constantinopolitanae, 2 voll., Ginevra, 1877-1878, rist. Parigi, 2004, I, p. CLV-CLVI. 19 Sulla mancata partecipazione genovese alla spedizione crociata si rimanda ad ORIGONE, Sandra, «Genova e Venezia al tempo della Quarta Crociata», in Gherardo ORTALLI, Giorgio RAVEGNANI, Peter SCHREINER (a cura di), Quarta Crociata. Venezia-Bisanzio-Impero Latino, 2 voll., Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Venezia, 2006, I, p. 96-124. 20 HAGENEDER, Othmar, HAIDACHER, Anton et alii (a cura di), Die register Innocenz’ III., VII, doc. 153, p. 262-263. Conferma che i Templari et alios honorabiles legatos trasmisero la lettera dell’imperatore (anch’essa a registro, ibi, VII, doc. 152, p. 253-262) è in ROSSINI, Giuseppe (a cura di), MAGISTER TOLOSANUS, Chronicon Faventinum, Rerum Italicarum Scriptores. Raccolta degli storici Italiani dal cinquecento ad millecinquecento, 28/1, Zanichelli, Bologna, 1936, p. 102. 21 Il «Libro Rosso», doc. 46, p. 85. 22 Ad esempio, nel 1247 la cessione in fitto del colle di Montemaggiore al Comune di Savigliano fu condotta a termine da Giacomo de Balma, procuratore dell’ordine in Lombardia. TURLETTI, Casimiro, Storia di Savigliano, 4 voll., Tipografia Bressa, Savigliano, 1879-1890, II, p. 263-264. 804 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO È inoltre necessario rimarcare che Barozio poteva essere un messo parimenti ben accetto ad Innocenzo III, il quale lo aveva forse personalmente conosciuto in occasione di una controversia da questi probabilmente avuta con il vescovo di Tortona. Con tutta probabilità la prima attestazione relativa a Barozio risale al 1200, anno nel quale egli figurerebbe già come maestro di Lombardia. Ci si esprime al condizionale perché in questa prima menzione il nome del dignitario templare è abbreviato alla sola iniziale puntata23. La forte probabilità che B., maestro templare di Lombardia, citato nell’atto del 1200 e appunto coinvolto in una disputa con il vescovo di Tortona, sia effettivamente Barozio deriva da un documento di poco posteriore che ne fa menzione quale destinatario dell’investitura dell’ospedale pavese di S. Eustachio de Verzario, affidato ai Templari nel 120124 e poi confermato loro nel 120525. L’oggetto del contendere nella disputa tortonese era una casa appartenuta agli Umiliati e passata successivamente ai Templari. I primi avevano chiesto di fondare un luogo di culto in loco Calventiae ad Ugo, vescovo di Tortona (1183-1193) e il presule aveva concesso loro alcuni terreni con la condizione che vi fossero edificati un oratorio ed un ospedale ad honorem Dei et B. Virginis26. Tempo dopo, B., maestro templare di Lombardia, volendo ottenere questa fondazione in modo tale da unirla a quella limitrofa di Casei Gerola, aveva convinto gli Umiliati a farsi consegnare il loro insediamento. Il passaggio doveva avvenire solo con il consenso dell’autorità episcopale, ma il maestro provinciale del Tempio aveva preso possesso della fondazione prima del pronunciamento vescovile e senza richiedere il permesso del vescovo. Quest’ultimo aveva quindi negato il proprio assenso ed aveva espulso i Templari dalla casa di Calventia con la forza27. Gli arbitri incaricati da Innocenzo III di dirimere la questione erano gli abati Pietro di Lucedio, che aveva esposto il problema al pontefice viva voce, e Boiamundo di _______________________________________________ FRIEDBERG, Emil, RICHTER Emil Ludwig (a cura di), Decretales Gregorii IX, in Corpus Iuris Canonici 2, Akademische Druck u. Verlagsanstalt, Leipzig 18792, l. II, t. XIII, c. 12, col. 285 (X 2. 13. 12). 24 ROBOLINI, Giuseppe, Notizie appartenenti alla storia della sua patria raccolte ed illustrate, 6 voll., Fusi, Pavia, 1823-1838, IV, p. 68. 25 SAVIO, Carlo Fedele, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Lombardia, 2 voll., Libreria Editrice Fiorentina-Tipografia Editrice S. Alessandro, Firenze-Bergamo, 1913-1932, II, p. 449. Questo documento e il precedente non sono purtroppo più rintracciabili presso l’Archivio Vescovile di Pavia. Ringrazio il Professor Xenio Toscani per il gentile aiuto datomi nelle ricerche di tali pergamene. 26 SAVIO, Carlo Fedele, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Piemonte, Bocca, Torino, 1899, p. 397. 27 La contesa è menzionata in ALBERZONI, Maria Pia, Città, vescovi, e papato nella Lombardia dei comuni, Interlinea, Novara, 2001, p. 119-120 e ANDREWS, Francis, The Early Humiliati, Cambridge University Press, Cambridge, 2000, p. 53-54, 73, 86, 142. 23 805 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS Chiaravalle della Colomba28. Due cardinali uditori, Giovanni, cardinale prete di Santo Stefano in Celiomonte, e Ugolino, cardinale diacono di Sant’Eustachio (il futuro papa Gregorio IX), avevano inoltre discusso i termini della contesa con i procuratori delle parti in causa29. Nella sentenza finale il pontefice si pronunciava a favore del presule offeso, riservandosi però di valutare in altra sede la questione della proprietà della casa contesa. Il valore esemplare di questo verdetto è confermato dal fatto che esso venne incorporato nelle decretali di Gregorio IX. Malgrado tale risoluzione la contesa era destinata a trascinarsi a lungo e ancora quindici anni più tardi Innocenzo III lamentava il fatto che tam iura mobilia quam immobilia della casa di Calventia non fossero stati resi ai Templari30. Dunque, al termine della vertenza l’ordine si era comunque visto aggiudicare la casa disputata31. Nell’episodio appena ricostruito, un primo elemento di interesse è il possibile collegamento tra il maestro templare di Lombardia con tutta probabilità identificabile con Barozio, futuro latore della missiva dell’imperatore Baldovino, e il destinatario di tale lettera, il pontefice Innocenzo III. La controversia di Calventia è inoltre possibile _______________________________________________ Su questi prelati si veda MOORE, John Clare, «Peter of Lucedio (Cistercian Patriarch of Antioch) and Pope Innocent III», Römische historische Mitteilungen, 29, 1987, Roma, p. 221-249; ALBERZONI, Città, p. 57-66, 100-104, 115-136, 239-245; ALBERZONI, Maria Pia, «Dal cenobio all’episcopio. I vescovi cistercensi nell’Italia occidentale all’inizio del XIII secolo», in L’abbazia di Lucedio e l’ordine cistercense nell’Italia occidentale dei secoli XII e XIII. Atti del terzo congresso storico vercellese. Vercelli, 24-26 ottobre 1997, Società Storica Vercellese, Vercelli, 1999, p. 139-182; ALBERZONI, Maria Pia, «Innocenzo III e la riforma della Chiesa in Lombardia, Prime indagini su ‘visitatores e provisores’», Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 73, 1993, Roma, p. 122-178; RAPETTI, Anna Maria, La formazione di una comunità cistercense: istituzioni e strutture organizzative di Chiaravalle della Colomba tra XII e XIII secolo, Herder, Roma, 1999 (Italia Sacra, 62), p. 93; ANDENNA, Cristina, «La memoria liturgica di una canonica regolare della “Lombardia medievale”», in Michael BORGOLTE, Cosimo Damiano FONSECA, Hubert HOUBEN (a cura di), Memoria. Ricordare e dimenticare nella cultura del medioevo. Trento, 4-6 aprile 2002, Il Mulino-Duncker & Humblot, Bologna-Berlino, 2005, p. 270-271, 284 (Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento. Contributi, 15); CARIBONI, Guido, La via migliore. Pratiche memoriali e dinamiche istituzionali nel liber del capitolo dell’abbazia cistecense di Lucedio, LIT, Berlino, 2005 (Vita regularis. Editionen, 3), p. 68-71. 29 MALECZEK, Werner, Papst und Kardinalskolleg von 1191 bis 1216. Die Kardinäle unter Coelestin III. und Innocenz III., Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, Vienna, 1984 (Publikationen des Historischen Instituts beim Österreichischen Kulturinstitut in Rom, I/6), p. 107-109, 128. 30 THEINER Augustin (a cura di), Vetera monumenta Slavorum meridionalium historiam illustrantia, 2 voll., O. Zeller, Osnabrück, 1968, I, n° 190, p. 61. 31 Il piano di Barozio di unirla alla magione di Casei Gerola sembra essere stato portato a termine, anche se non sappiamo quando la restituzione decretata da Innocenzo III abbia effettivamente avuto luogo. Gli inventari inquisitoriali dei beni templari di Casei Gerola, redatti durante il processo contro l’ordine (1310), fanno comunque menzione della Ecclesia Sancte Marie Campestris, situata presso Calventia. Anche se non abbiamo l’assoluta certezza che la chiesa dedicata alla Vergine qui citata fosse effettivamente quella edificata dagli Umiliati, appare significativo il fatto che la presenza del Tempio in zona sia confermata pur grazie a questa tardiva attestazione. TARLAZZI, Antonio (a cura di), Carte in appendice ai monumenti ravennati del conte Marco Fantuzzi, 2 voll., Tipografia Angeletti, Ravenna, 1875, I/2, doc. 339, p. 545. 28 806 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO occasione d’incontro per il maestro templare di Lombardia con Pietro di Lucedio, abate cistercense che seguì la crociata e fu chiamato a rivestire la dignità di presule di Tessalonica prima (1208) e di patriarca di Antiochia poi (1209-1217)32. Già questi primi tasselli, pur nella loro frammentarietà, sembrano presentare Barozio come un personaggio dalle conoscenze sicuramente degne d’interesse. La storiografia ha inoltre ascritto questo dignitario alla nobile famiglia veneziana dei Barozzi, una delle cosiddette “casate apostoliche”, ovvero i più antichi lignaggi del patriziato veneziano. Attestati sin dall’XI secolo tra le famiglie più eminenti del ceto dirigente comunale, essi presero parte alla conquista veneziana delle isole egee. Il casato annovera anche un patriarca di Grado, Angelo (1207-1237), che tra l’altro fu attento all’amministrazione dei possedimenti della propria sede metropolitica in Grecia, curati anche dai suoi parenti e procuratori Pancrazio, Tribuno e Giovanni33. In realtà, le vicende dei Barozzi sono state oggetto di diversi errori ed amplificazioni storiografiche che, in particolare, ascrivono a tale casato la signoria delle isole di Santorini e Terasia già nella prima fase della conquista veneziana delle Cicladi. In realtà le fonti non confermano tali affermazioni e suggeriscono che questo dominio fu ben più tardivo34. Un’ulteriore iperbole storiografica che concerne la famiglia Barozzi è _______________________________________________ Per i rapporti tra Templari e Cistercensi, si veda, in generale, TOMMASI, Francesco, «Per i rapporti tra Templari e Cistercensi. Orientamenti e indirizzi di ricerca», in Goffredo VITI (a cura di), I Templari. Una vita tra riti cavallereschi e fedeltà alla Chiesa. Atti del I Convegno «I Templari e S. Bernardo di Chiaravalle», Certosa di Firenze, 23-24 ottobre 1992, Certosa di Firenze, Firenze, 1995, p. 227-274. In merito all’area considerata in questo contributo si rimanda a BELLOMO, The Templar Order, p. 154-155. 33 Ad esempio, Domenico Barozzi era giudice del comune nel 1167 e Giovanni Barozzi rivestiva la medesima carica nel 1200. Vitale Barozzi ricoprì l’ufficio di camerario nel 1178 e nel 1188, anno nel quale un Giovanni Barozzi figura quale avvocato del comune. CASTAGNETTI, Andrea, «Il primo comune», in Storia di Venezia, 12 voll., Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma, 1991-2002, II, L’Età del Comune, p. 114, 116-120; SPIAZZI, Gianfranco, «Barozzi Angelo», in Dizionario Biografico degli Italiani, VI, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1964, p. 494-495; ORLANDO, Ermanno, «La proprietà ecclesiastica veneziana nei territori dell’impero latino», in ORTALLI, RAVEGNANI, SCHREINER (a cura di), Quarta Crociata, I, p. 246-247, 253-260. 34 La conquista delle isole egee avvenne grazie all’iniziativa privata di un gruppo di veneziani, capitanato da Marco Sanudo. La tradizione vuole che ad essa partecipasse anche Giacomo I Barozzi. Purtroppo nessuna delle fonti a noi giunte suffraga questa affermazione. Sempre secondo la tradizione, Giacomo si sarebbe subito aggiudicato le isole di Santorini e Terasia. Il cronista Andrea Dandolo cita effettivamente Santorini tra le conquiste dalla spedizione veneziana del 1207, ma non fa alcun esplicito riferimento al Barozzi. Inoltre, l’autore veneziano ha la tendenza a riunire in un unico momento le conquiste effettuate dai propri compatrioti in tempi molto diversi, in modo da semplificare il quadro delle complesse operazioni di occupazione delle isole egee e da presentarle come il frutto di un’unica, inarrestabile campagna vittoriosa. Nelle fonti più antiche non si trova invece alcuna menzione della conquista di Terasia da parte del Barozzi o, più in generale, della spedizione del 1207. Le isole egee vennero governate dal patriziato veneziano in un regime di quasi assoluta autonomia ed inizialmente i legami con la madrepatria furono tutt’altro che stretti. Marco Sanudo si avvalse di vincoli feudali per legare a sé quanti avevano ottenuto conquiste nell’Egeo e si è quindi ipotizzato che fosse stato proprio il Sanudo a concedere a Giacomo I Barozzi le isole di Santorini e Terasia in cambio della sua fedeltà. Del presunto 32 807 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS l’ascrizione del maestro templare di Lombardia a tale lignaggio, erroneamente ripresa in recenti studi. Tale presunta ascendenza venne inizialmente presentata da Karl Hopf nel 1859, ma le asserzioni dello studioso appaiono unicamente fondate sull’omonimia tra il dignitario del Tempio e la famiglia veneziana in questione. Non esistono infatti riscontri documentari a tale asserzione35 ed è opportuno notare che nelle fonti superstiti il nome del dignitario templare, attestato nelle varianti latine Barochius e Barrochius o, in regesti italiani di documentazione perduta, come Barozio, appare sempre e solo quale nome di battesimo del maestro di Lombardia, senza essere mai seguito da alcun cognomen. Tale particolarità, nel caso di una reale origine veneziana del maestro del Tempio apparirebbe singolare, poiché proprio in ambito veneziano si assiste ad un precoce sviluppo delle forme cognominali36. Del tutto erronea è poi la recente attribuzione a questo dignitario del nome di battesimo di Iacopo seguito dal cognome Barozzi, fraintendimento difficilmente comprensibile e che forse nasce da una frettolosa e imprecisa consultazione dell’opera di Hopf37. Barozio non compare poi nella documentazione veneziana contemporanea, né in _______________________________________________ giuramento prestato dal Barozzi non esiste però traccia e sembra, in realtà, che il primo membro della famiglia a rivestire formalmente il titolo di signore di queste isole sia stato Giacomo II all’inizio del XIV secolo. È comunque opportuno ricordare che nel 1244-1245 Giacomo I era stato eletto duca di Candia. BORSARI, Silvano, «Barozzi Iacopo», in Dizionario Biografico degli Italiani, VI, p. 501; RAVEGNANI, Giorgio, «La Romània veneziana», in Storia di Venezia, II, p. 197-200; BORSARI, Silvano, Studi sulle colonie veneziane in Romania nel XIII secolo, La buona stampa, Napoli, 1966, p. 35-37, 57, 78-82, 110, 137. Circa la conquista veneziana delle isole egee si rimanda anche al recente SAINT GUILLAIN, Guillaume, «Les conquérants de l’archipel. L’Empire Latin de Constantinople, Venise et les premiers seigneurs des Cyclades», in ORTALLI, RAVEGNANI, SCHREINER (a cura di), Quarta Crociata, I, p. 125-237. 35 HOPF, Karl, Veneto-Byzantinische Analekten, Akademie der Wissenschaften, Vienna, 1859, rist. Amsterdam, 1964 (Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaften in Wien, Philosophisch-Historische Klasse; Bd. 32, Abh. 3), p. 20. Sulla scorta di quanto affermato da Hopf, edizioni critiche e studi recenti ascrivono Barozio a questo casato veneziano. Si veda, ad esempio, Die register Innocenz’ III., VII, doc. 147, p. 235, nota 3; FRALE, Barbara, «La Quarta Crociata e il ruolo die Templari nei progetti di Innocenzo III», in ORTALLI, RAVEGNANI, SCHREINER (a cura di), Quarta crociata, I, p. 447-484; FRALE, Barbara, I Templari e la sindone di Cristo, Il Mulino, Bologna, 2009, p. 185. È opportuno ricordare che nel 1181 Ercimbaldo, membro dell’Ospedale di Gerusalemme e priore di S. Egidio di Venezia, dichiarava di aver ricevuto una somma di denaro da parte di Stefano Barozzi, procuratore di San Marco, alla presenza dei templari Engelfredo e Martino. Questo atto presuppone la sicura conoscenza del Tempio da parte di un membro della famiglia Barozzi, ma non supporta l’appartenza del maestro provinciale Barozio a tale casato. MOROZZO DELLA ROCCA, Raimondo, LOMBARDO, Antonino (a cura di), Documenti del commercio veneziano nei secoli XI-XIII, Regesta Chartarum Italiae, XXXVI, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma, 1940, I, doc. 324, p. 320-321. 36 Sull’onomastica veneziana si veda FOLENA, Gianfranco, «Gli antichi nomi di persona e la storia civile di Venezia», Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, 129, 1970-1971, Venezia, p. 445-479; TOMASIN, Lorenzo, «Note di antroponomia veneziana medievale (con un testo inedito del primo Trecento)», Studi linguistici, 26, 2000, Roma, p. 130-148. In merito si rimanda anche a BERTO, Luigi Andrea, «Note e proposte per uno studio prosopografico della Venezia altomedievale», Studi Veneziani, 59, 2010, Venezia, in corso di stampa. 37 Tale errore ricorre negli studi di Barbara Frale. In queste pubblicazioni, viziate da vari altri fraintendimenti (si veda ad esempio FRALE, «La Quarta Crociata», p. 468, nota 15, nella quale l’autrice sostiene che a Gerusalemme 808 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO alcuno degli alberi genealogici della famiglia tracciati dalla storiografia erudita locale38. Il nome Barozio, infine, pur non essendo particolarmente comune, non è esclusivo di questa casata o dell’area veneta: una breve ricerca onomastica conduce infatti a rintracciare personaggi che portano tale nome anche in Italia centrale, in Liguria ed altri luoghi39. La supposta origine veneziana di Barozio non trova dunque alcuna conferma nelle fonti e, così, anche le strette relazioni con le autorità veneziane che sono state attribuite a questo dignitario non possono essere affermate nemmeno a livello ipotetico. In mancanza di qualsivoglia attestazione che colleghi Barozio allo svolgimento della crociata, appare inutile perdersi in complesse ricostruzioni dei suoi possibili movimenti antecedenti al suo incontro con i pirati liguri. È invece necessario sottolineare che appaiono del tutto indebite recenti rielaborazioni di alcune caute supposizioni formulate da Paul Riant in merito alle reliquie e tesori affidati a Barozio. Lo studioso francese suggeriva infatti, in via _______________________________________________ il Tempio avesse sede presso la Cupola della Roccia) la venezianità di Barozio assume un’importanza primaria (ibi, p. 453, 466, 469-470, 471, 474, 475 et passim; FRALE, I Templari e la sindone, p. 185). L’autrice ascrive alla famiglia Barozzi anche un certo Andrea, patriarca di Aquileia e presunto fratello di Barozio («La Quarta Crociata», p. 453). Egli, tuttavia, non compare nelle liste patriarcali e questa affermazione deriva con tutta probabilità da un’imprecisa lettura del lavoro di Hopf e dal repertorio di Riant, il quale, forse confondendosi con Angelo Barozzi, cita un patriarca di Aquileia fratello di Barozio, senza riportarne il nome: Exuviae sacrae Constantinopolitanae, CLV, nota 21. Il nome Andrea ricorre frequentemente nell’onomastica del lignaggio, ma le affermazioni di Barbara Frale non collimano nemmeno con l’albero genealogico proposto dallo stesso Hopf (p. 166). In merito si veda anche NICOLOTTI, Andrea, I Templari e la Sindone. Storia di un falso, Salerno Editrice, Roma, 2011, p. 101. Appare evidente che le vicende della famiglia Barozzi attendono di essere studiate con scrupolo e completezza (si può prendere utilmente a modello la monografia su un’altra famiglia veneziana distintasi nella conquista delle isole egee, i Ghisi: LOENERTZ, Raymond J., Les Ghisi, dynastes vénitiens dans l’archipel. 1207-1390, Olshki, Firenze 1975). 38 Venezia, Biblioteca Marciana, Cappellari Vivaro Vicentino Girolamo Alessandro, Il Campidoglio Veneto, 4 voll., mss. Marc. Ital. cl. VII, codd. 15-8 (collocazione 8304-7); Venezia, Biblioteca Marciana, Barbaro Marco, Genealogie delle famiglie patrizie venete, 4 vols., mss. Marc. Ital. cl. VII, codd. 924-8 (collocazione 8594-7). Ringrazio Giulietta Voltolina che ha consultato per me questo materiale. Interessante appare il fatto che la chiesa di S. Maria del Tempio di Venezia fosse molto vicina alla parrocchia di S. Moisè, alla quale apparteneva il ramo principale dei Barozzi. Tale dato, tuttavia, non è sufficiente ad avvalorare la teoria che Barozio facesse parte di tale famiglia. Su questa chiesa si veda FRANZOI, Umberto, DI STEFANO, Dina, Le Chiese di Venezia, Alfieri, Venezia, 1976, p. 317 e infra, note 41 e 85. 39 ANSIDEI, Vincenzo (a cura di), Regestum reformationum comunis Perusii ab anno MCCLVI ad annum MCCC, 2 voll., Perugia, 1935-1969 (Fonti per la Storia dell’Umbria, 1, 5), I, 1256-1260, reg. 45, p. 57, reg. 47, p. 60; SELLA, Quintino (a cura di), Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, 4 voll., Tipografia della R. Accademia dei Lincei, Roma, 1880-1887, III, doc. 957, p. 1146-1147; GUIDI, Pietro, PARENTI, Oreste, Regesto del capitolo di Lucca, 4 voll., Regesta Charthatum Italiae, VI, VIII, XVIII + indici, Roma 1910-1939, I, reg. 408, p. 160, reg. 453, p. 188, reg. 539, p. 228, reg. 583, p. 249, reg. 624, p. 262, reg. 681, p. 288, reg. 851, p. 368, reg. 947, p. 416. Per lo stesso appellativo, usato in forma cognominale, si veda ANSANI, Michele, CAU, Ettore (a cura di), Le carte del Monastero di S. Maria di Morimondo, I, CISEM, Spoleto, 1992, doc. 184, p. 363 (Fonti storico-giuridiche. Documenti, 3); CALLERI, Marta, MACCHIAVELLO, Sandra, TRAINO, Maria (a cura di), La carte del monastero di San Siro, Regione Liguria, Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1997-1998 (Fonti per la storia della Liguria, 5-8), II, 1225-1253, doc. 459, p. 160 (nella variante Barucius), IV, doc. 958, p. 239. 809 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS puramente ipotetica, che i cospicui beni sottratti al dignitario templare potessero costituire una sorta di risarcimento di un possibile aiuto economico concesso dal Tempio ai crociati, le difficoltà finanziarie dei quali sono ben note40. L’ipotesi avanzata da Riant è divenuta in lavori recenti una certezza assodata, con il risultato di affermare addirittura che tale prestito fosse stato versato dalla casa veneziana del Tempio e che Barozio avesse seguito la crociata con l’esplicito compito di “sorvegliare” l’investimento fatto dall’ordine41. Il ruolo economico attribuito al Tempio e le origini veneziane di Barozio, queste ultime ormai presentate quale dato certo, contribuiscono in questi stessi studi a delineare un fantasioso scenario nel quale non è addirittura “da escludersi che la provincia templare di Lombardia” e in particolare la casa di Venezia “guardasse favorevolmente alla ripresa di Zara e ad un’eventuale conquista dell’impero greco”42. La realtà delle fonti è invece, come si è visto, ben diversa e le frammentarie informazioni in nostro possesso sono ben lontane dal fornire certezze e consentire ampie ricostruzioni. Oltre a quanto già segnalato è semplicemente opportuno puntualizzare brevemente che la scelta di Barozio quale latore della missiva di Baldovino I trova diversi elementi esplicativi in quanto storicamente documentato. Il Tempio svolge una funzione importante nei progetti di crociata di Innocenzo III e gioca ovviamente un ruolo anche nell’organizzazione della spedizione deviata contro Costantinopoli43. Se un rapporto di personale conoscenza tra Barozio e Innocenzo precedente al 1204 rimane una suggestiva ipotesi, certa è la presenza di Templari nell’entourage del pontefice e anche l’appellativo dilectus filius riservato dal papa al dignitario templare lombardo conferma tali positivi rapporti44. Si è detto che i Templari furono inoltre latori almeno di un’altra missiva di _______________________________________________ RIANT, Exuviae sacrae Constantinopolitanae, I, p. CLV, nota 9. FRALE, «La Quarta Crociata», p. 466-477; FRALE, I Templari e la sindone, p. 185. L’ipotesi prudentemente avanzata da Riant è qui trasformata in certezza e la studiosa afferma anche erroneamente che Venezia fosse sede di una “casa capitana” del Tempio (FRALE, «La Quarta Crociata», p. 468, 472), unità amministrativa in realtà sconosciuta all’ordine, presso la quale il maestro di Lombardia sarebbe stato tenuto a risiedere (ibi, p. 472, 474, 475, 476). Anche quest’ultima affermazione non è supportata da alcuna fonte superstite e forse deriva da una certa confusione con il priorato ospitaliero che ebbe la propria sede a Venezia. Diversamente dalla studiosa (ibi, p. 475, nota 74), la storiografia oggi non identifica S. Maria del Tempio con la casa giovannita di S. Giovanni del Tempio, ma con la scomparsa S. Maria in Broglio. LUTTRELL, Anthony, «The Hospitaller Priory of Venice in 1331», in Enzo COLI, Maria DE MARCO, Francesco TOMMASI (a cura di), Militia sacra. Gli ordini militari tra Europa e Terrasanta, Società Editrice San Bevignate, Perugia, 1994, p. 130; TACCHELLA, Lorenzo, Gli insediamenti dei templari a Nice e Grasse, in Lombardia e Veneto, Milano 1999 (Biblioteca dell’Accademia Olubrense, 40), p. 129-133; FRANZOI, DI STEFANO, Le chiese, Alfieri, Venezia, 1976, p. 317. 42 FRALE, «La Quarta Crociata», p. 475. 43 Si veda, ad esempio, HAGENEDER, HAIDACHER, Die Register Innocenz’ III., I, doc. 336, p. 504, II, doc. 258 (270) p. 495-496. 44 HAGENEDER, HAIDACHER, Die register Innocenz’ III., VII, doc. 147, p. 235, doc. 153, p. 262. In merito alla presenza di frati templari presso la corte papale si veda BELLOMO, The Templar Order, p. 37 sgg. L’atteggiamento 40 41 810 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO Baldovino I e, come si vedrà tra poco, le fonti adombrano anche una possibile vicinanza tra il Tempio e un’altra figura di primo piano della Crociata, Bonifacio di Monferrato. Dopo il ritorno del maestro lombardo, altri membri del Tempio rimasero poi presso la corte costantinopolitana, come esplicitamente attesta una lettera del giugno 1205 nella quale Enrico, fratello di Baldovino, informa Innocenzo III della sconfitta di Adrianopoli45. È infine necessario ricordare che nel 1205 Barozio, ritornato in Lombardia, è attestato come successore di Aimerico de Saliis alla guida della provincia templare d’Italia46. Egli fu dunque innalzato a questa dignità poco tempo dopo le proprie missioni a Costantinopoli e presso la corte pontificia, delicate occasioni nelle quali non sembra aver disatteso le molteplici aspettative che gravavano su di lui47. Non rimane che esaminare quale destino possano aver avuto le reliquie sottratte a Barozio48. Il cronista genovese Ogerio Pane ricorda solo brevemente il furto perpetrato dai propri concittadini, ai quali si era unita anche un’imbarcazione proveniente da Portovenere, ai danni di una nave in qua ceperunt magnam pecunie quantitatem, et multas reliquias sanctorum et cruces dominicas49. Il bottino, che sembra includere più parcelle della Croce, venne poi diviso tra i partecipanti alla spedizione e la parte della galea di Portovenere venne donata a Genova. Nei Libri Iurium del Comune genovese è infatti incluso l’atto con il quale, nel gennaio 1205, Guiffredotto Grassello, podestà di Genova, esentava gli uomini di Portovenere da ogni imposizione fiscale sulle merci trasportate da Genova a Portovenere in virtù non solo dell’antico ossequio che essi avevano sempre _______________________________________________ benevolo di Innocenzo III verso Barozio pare ulteriore conferma del fatto che, in occasione della diversione della crociata contro altri cristiani, i Templari si fossero mantenuti prudentemente in disparte, fedeli ai dettami pontifici. 45 HAGENEDER, HAIDACHER, Die Register Innocenz’ III., VIII, doc. 132 (131), p. 242. 46 SAVIO, Gli antichi vescovi. Lombardia, II, p. 449. 47 Simili appaiono le carriere del già citato Bonifacio e di Gaimardo o Gaimando, predecessore di Barozio secondo le fonti rimaste, il quale nel 1190 figurava come magister Marchie (cioè della Marca di Treviso) et Lombardie e l’anno successivo veniva a ricoprire il più autorevole incarico di omnium mansionum Templi in Italia preceptor. Anche queste attestazioni evidenziano la fluidità del senso del termine Lombardia. CAGNIN, Giampaolo, Templari e Giovanniti in territorio trevigiano. Secoli XII-XIV, Tipografia Tintoretto, Treviso, 1992, doc. 4, p. 81; CENNAMO, Mario, I Templari ad Albenga, Edizioni del Delfino Moro, Albenga, p. 79, 81. 48 Riant si interrogava circa la possibilità che il rubino rubato dai Genovesi fosse identificabile con un gioiello incluso nel tesoro di Bonifacio VIII (RIANT, Exuviae sacrae Constantinopolitanae, I, p. CLV). L’ipotesi dello studioso collimerebbe con la possibile restituzione dei pezzi di maggior valore presi al maestro templare e reclamati da Innocenzo III. Barbara Frale, facendo unicamente riferimento alla fonte citata da Riant, ritiene l’identificazione del tutto certa («La Quarta Crociata», p. 471, nota 63). 49 La Quarta Crociata è solo brevemente compendiata negli annali genovesi contemporanei. BELGRANO, Luigi Tommaso, IMPERIALE DI SANT’ANGELO, Cesare (a cura di), OGERIO PANE, Annales Ianuenses, in Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori, Fonti per la Storia d'Italia, 11-14bis, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1890-1919, II, p. 88-89, 93, 95. 811 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS tributato al Comune genovese, ma anche della donazione di una reliquia della Vera Croce, che dovrebbe identificarsi con quella affidata a Barozio50. Altri due testi genovesi si soffermano in maniera dettagliata su tre frammenti della Vera Croce giunti a Genova, i quali non sono però identificabili con la reliquia rubata al maestro Templare di Lombardia. Si tratta della Regni Iherosolymitani brevis historia, una cronaca anonima redatta alla fine del XIII secolo e completata alla fine di quello successivo grazie ad alcune interpolazioni dell’annalista Iacopo Doria, il quale appunto vi inserì le storie delle traslazioni di alcune reliquie oltremarine, e la Cronaca della città di Genova opera dell’arcivescovo domenicano Iacopo da Varagine (+ 1298). Questi scritti attinsero probabilmente le proprie informazioni sia da fonti conservate presso la Cattedrale, sia dalla vivace devozione genovese verso tali reliquie. Un primo frammento, la sancta Christi, rocambolescamente recuperata da un pirata genovese, viene più o meno esplicitamente identificata con la croce ritrovata a Gerusalemme dopo la conquista del 1099 e persa ad Hattin nel 1187; una seconda parcella, la Croce dell’Ospedale di S. Lazzaro, proverrebbe anch’essa dalla Terrasanta e sarebbe stata donata al Comune genovese da Corrado di Monferrato; la terza, infine, venne trafugata da un pirata genovese ad alcuni veneziani che, dopo la conquista di Constantinopoli, l’avevano inviata in patria. Quest’ultima reliquia veniva venerata con il nome di Croce di Elena51. Malgrado le storie della Croce di Sant’Elena e di quella destinata al Tempio siano molto simili, le due reliquie non possono essere identificate, soprattutto perché con chiarezza le fonti genovesi rimarcano che la prima fu donata alla Cattedrale dal pirata che l’aveva sottratta ai veneziani, mentre sappiamo dai Libri iurium che l’altra fu ceduta a Genova dagli uomini di Portovenere. Rimane dunque da chiedersi come mai Iacopo da Varagine, Iacopo Doria e, presumibilmente, le loro fonti comuni, non facciano menzione della reliquia sottratta a Barozio. Pare legittimo ipotizzare che di fronte ad un furto così duramente ripreso dal pontefice almeno Iacopo da Varagine dovesse provare un certo imbarazzo. Soprattutto però, come fa notare Valeria Polonio, non c’è successiva traccia di ulteriori attriti con il pontefice in merito al furto subito dal maestro templare ed è quindi lecito supporre che, _______________________________________________ PUNCUH, Dino, ROVERE, Antonella, DELLACASA, Sabina, MADIA, Elisabetta, BIBOLINI, Maria, PALLAVICINO, Eleonora (a cura di), I Libri iurium della Repubblica di Genova, 9 voll., Genova-Roma 1992-2002, I/3, doc. 597, p. 336-339. 51 Su questi frammenti si veda Regni Iherosolymitani brevis historia, in BELGRANO, IMPERIALE DI SANT’ANGELO, Annali genovesi, I, p. 140-142; MONLEONE, Giovanni (a cura di), Iacopo da Varagine e la sua cronaca di Genova dalle origini al MCCXCVII, 2 voll. + indici, Fonti per la Storia d’Italia, 84-86, Istituto storico Italiano per il Medio Evo, Roma, 1941, II, p. 321, 356-357, 362-363, 366-367; POLONIO, Valeria, «Devozioni di lungo corso: lo scalo genovese», in Gherardo ORTALLI, Dino PUNCUH (a cura di), Genova, Venezia, il Levante nei secoli XII-XIV. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Genova-Venezia, 10-14 marzo 2000), Atti della Società Ligure di Storia Patria, n.s., 41, 2001, p. 361-367. 50 812 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO almeno in parte, il maltolto fosse stato restituito. La riconsegna della reliquia al pontefice ne spiegherebbe quindi l’assenza nelle memorie cittadine genovesi. In effetti, l’ampio repertorio di reliquie della Croce compilato da Anatole Frolow ricorda una Vera Croce a doppia traversa, proveniente da Costantinopoli e conservata in una stauroteca d’argento, che potrebbe identificarsi con quella sottratta a Barozio52. Di questa reliquia si trova menzione sotto il pontificato di Clemente V. L’oggetto è descritto come una croce a doppia traversa. Il reliquiario che contiene il frammento del legno sacro è a forma di tavola, è rivestito da una lamina d’argento dorato e dotato di un coperchio con un anello per la sospensione. Una delle facce della stauroteca è foderata di broccato di seta rosso, mentre sull’altra è rappresentata una crocifissione con il Cristo tra Maria e Giovanni. Un’iscrizione latina attesta inoltre la traslazione della reliquia da Costantinopoli durante il pontificato di Innocenzo III. Le caratteristiche di questo prezioso oggetto di devozione collimano in linea generale con quelle brevemente delineate nella lettera innocenziana. È infatti possibile che proprio riferendosi alla scena della crocefissione effigiata su una delle facce del reliquiario il pontefice avesse descritto questo oggetto come un’icona. Questa verosimile identità corrobora quindi la tesi della restituzione della reliquia della Vera Croce da parte di Genova già suggerita dall’assenza di menzioni di tale oggetto nella tradizione genovese53. Templari e baroni lombardi nella Romania latina Un nutrito gruppo di combattenti provenienti dall’Italia settentrionale e centrale faceva parte del contingente crociato che aveva conquistato Costantinopoli. Bonifacio I di Monferrato, capo militare della spedizione e signore di Tessalonica, apparteneva alla casata lombarda che sino ad allora aveva intrattenuto i più consistenti rapporti con _______________________________________________ POLONIO, «Devozioni», p. 365; FROLOW, Anatole, La relique de la Vrai Croix. Recherches sur le dévelopmen d’un culte, Institut francais d'études byzantines, Paris, 1962 (Archives de l’Orient chrétien, 7) - il testo non è privo di fraintendimenti in relazione alle reliquie conservate a Genova. La reliquia sottratta a Barozio è la n° 448 (p. 38); la n° 682, 5 (p. 494-495) è invece quella con la quale essa potrebbe essere identificabile. Quest’ultima viene ricordata come parte del tesoro papale conservato a Perugia e la sua stauroteca recava l’iscrizione: Hic continetur lignum vivifice Crucis de Constantinopoli translatum ad Urbem, tempore domini Innocentii p. tertii. Si veda anche FROLOW, Anatole, Les reliquaires de la Vrae Croix, Institut francais d'études byzantines, Paris, 1965 (Archives de l’Orient chrétien, 8). La stauroteca in questione è citata alle p. 105, 127, nota 1. 53 Ringrazio Valeria Polonio per aver risposto ai miei interrogativi sulle reliquie custodite a Genova e, in particolare, per aver attratto la mia attenzione sul fatto che Ogerio Pane parli di cruces dominicas, usando significativamente il plurale. È dunque verosimile, come la studiosa genovese suggerisce in via comunque ipotetica, che Innocenzo chiedesse la restituzione della reliquia più preziosa e importante, che gli fu infatti riconsegnata, mentre altre parcelle più piccole potrebbero essere invece rimaste in Liguria. 52 813 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS l’Oriente. La politica oltremarina dei Monferrato si era inaugurata con la partecipazione di Guglielmo V il Vecchio, padre di Bonifacio, alla Seconda Crociata. Successivamente il figlio maggiore di questi, Guglielmo Lungaspada, aveva sposato la principessa Sibilla, erede al trono di Gerusalemme a causa dell’invalidante malattia, la lebbra, che affliggeva il fratello, re Baldovino IV. L’improvvisa morte di Guglielmo nel 1177 non aveva scardinato i piani di Guglielmo il Vecchio, dato che il piccolo Baldovino V, figlio del Lungaspada, successe, seppur per breve tempo, allo zio. Guglielmo il Vecchio si recò quindi in Terrasanta per curare personalmente gli interessi del giovanissimo nipote. Nel contempo un altro dei suoi figli, Ranieri, aveva sposato la principessa porfirogenita Maria e a Costantinopoli si era recato anche suo fratello Corrado. Mentre Ranieri soccombette con la moglie agli intrighi di palazzo, Corrado raggiunse Acri, dove apprese della recente caduta di questo porto e di Gerusalemme nelle mani di Saladino. Spostatosi a Tiro, egli seppe guidare con lungimiranza ed efficacia la resistenza cristiana. Sposata nel 1190 la principessa Isabella, sorellastra di Sibilla, contese con successo il trono a Guido di Lusingano, secondo marito di Sibilla stessa (Baldovino V era morto tempo prima). Con tutta probabilità nel 1191 Guglielmo il Vecchio spirò a Tiro. L’anno seguente Corrado, ucciso da due sicari della setta degli assassini ad Acri, lo seguì. Sua figlia Maria, rimase così l’unica erede al trono54. Il profondo coinvolgimento dei Monferrato nelle vicende dell’Oriente latino implicava la sicura conoscenza del Tempio da parte di questo lignaggio almeno dal periodo della _______________________________________________ Cfr. USSEGLIO, Leopoldo, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, edizione postuma a cura di Carlo PATRUCCO, 2 voll., Biblioteca della Società Storica Subalpina, 100-101, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, 1929; LONGON, Jean, Les compagnons de Villehardouin: recherches sur les croises de la quadrieme croisade, Droz, Ginevra, 1978, p. 227-234; HABERSTUMPF, Walter, Regesto dei Marchesi di Monferrato di stirpe aleramica e paleologa per l’«Outremer» e l’Oriente, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, 1989 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, 205); HABERSTUMPF, Walter, Dinastie europee nel Mediterrraneo orientale. I Monferrato e i Savoia nei secoli XII e XV, Scriptorium, Torino, 1995, p. 77-88. Si vedano inoltre JACOBY, David, «Conrad, Marquis of Monferrat, and the Kingdom of Jerusalem (1187-1192)», in Laura BALLETTO (a cura di), Dai feudi monferrini e dal Piemonte ai nuovi mondi oltre gli oceani. Atti del congresso internazionale, Alessandria, 2-6 aprile 1990, Accademia degli Immobili, Alessandria, 1993 (Biblioteca della Società di storia arte e archeologia per le province di Alessandria e Asti, 27), p. 187-238; SETTIA, Aldo A., «Postquam ipse marchio levabit crucem. Guglielmo V di Monferrato e il suo ritorno in Palestina», in Gigliola SOLDI RONDINI (a cura di), Il Monferrato: crocevia politico, economico e culturale tra Mediterraneo e Europa. Atti del Convegno internazionale, Ponzone, 9-12 giugno 1998, G. Brigati, Genova, 1999, p. 93-110; LIGATO, Giuseppe, «Guglielmo Lungaspada di Monferrato e le istituzioni politiche dell’Oriente latino», in BALLETTO, Dai feudi monferrini, p. 153-185; HABERSTUMPF, Walter, «Due vocazioni dinastiche del marchesato di Monferrato: costruzione territoriale e spinta oltremarina», ibi, p. 239-248; LIGATO, Giuseppe, «Corrado di Monferrato e la corte di Saladino: il punto di vista islamico», in SOLDI RONDININI, Il Monferrato, p. 111-140; MAESTRI, Roberto, Bonifacio di Monferrato ed i suoi rapporti in Oriente con la Repubblica di Venezia, Marco Valerio, Torino, 2005; LIGATO, Giuseppe, Sibilla, regina crociata. Guerra, amore e diplomazia per il trono di Gerusalemme, Bruno Mondadori, Milano, 2005, p. 57-71, 216 sgg. Sui rapporti con il Tempio vedi BELLOMO, The Templar Order, p. 145-146. 54 814 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO Seconda Crociata e, in effetti, Bonifacio è l’unico nobile italiano per il quale sia attestato un legame diretto con il Tempio anteriormente alla crociata. Nel 1194, nelle proprie ultime volontà, il marchese destinava infatti le proprie rendite di Montebello ai fratres del Tempio55. I Templari beneficiarono poi della generosità di Bonifacio anche nella sua nuova signoria greca. Egli li investì del castello di Ravennika, situato presso Lamia nella Grecia Orientale, e di altre proprietà e diritti purtroppo non meglio specificati56. L’esempio di Bonifacio fu seguito anche da altri baroni lombardi. Albertino e Rolandino da Canossa, nuovi signori di Tebe e membri della famiglia che, dopo l’estinzione del casato scomparso con Matilde, ne aveva assunto la denominazione57, concessero al Tempio il territorio detto de Rupe (presso Oropos) con la relativa fortezza e altre terre58. Facevano parte del contingente lombardo anche i veronesi Pecoraro de’ Pecorari, Guiberto e Ravano dalle Carceri, che condivisero per un certo periodo la signoria di Negroponte (l’Eubea classica)59. Ravano dalle Carceri e Guiberto destinarono al Tempio _______________________________________________ 55 SAVIO, Carlo Fedele, Studi storici sul marchese Guglielmo III del Monferrato e i suoi figli, Bocca, Torino, 1885, p. 171; RENALDI, M., Le più antiche carte dell’abbazia di Santa Maria di Lucedio e il loro significato patrimoniale, tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, a.a. 1971-1972, p. 147-148. 56 Vedi Patrologia Latina [PL], 216, doc. 137, col. 324, 137 e infra note 72 e 74. 57 In merito ai da Canossa si rimanda a LONGON, Les Compagnons, p. 237-238 e, soprattutto, alla breve, ma attenta monografia: ORTALLI, Gherardo, Da Canossa a Tebe. Vicende di una famiglia feudale tra XII e XIII secolo, Francisci Editori, Abano Terme, 1983. 58 PL, 216, doc. 144, col. 328. Per l’identificazione con la località di Sykamino si veda LOCK, Peter, The Franks in the Aegean. 1204-1500, Longman, Londra-New York, 1995, p. 235; LEGRAND, Léon, «Relation du pèlerinage à Jérusalem de Nicolas de Martoni, notaire italien (1394-1395)», Revue de l’orient latin, 3, 1895, Parigi, p. 655. Non si hanno notizie di rapporti diretti tra questo casato e il Tempio in Italia. L’ordine monastico militare era comunque ben rappresentato sia a Modena, sia a Reggio, i due principali centri ai quali tale lignaggio era legato. Su tali fondazioni si veda TROTA, Ezio, «L’Ordine dei cavalieri templari a Modena e l’ospitale del ponte di S. Ambrogio», Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Province Modenesi, serie XI, 6, 1984, Modena, p. 29-55; DONDI, Cristina, «Missale Vetus ad usum templariorum: l’ordine dei cavalieri templari in area modenese nei secoli XII-XIV», Aevum, 68, 1994, Milano, p. 339-366; DONDI Cristina, «Manoscritti liturgici dei templari e degli ospitalieri: le nuove prospettive aperte dal sacramentario templare di Modena (Biblioteca capitolare O.II.13)», in Simonetta CERRINI (a cura di), I Templari, la guerra, la santità, Il Cerchio, Rimini, 2000, p. 85-131; LUTTRELL, «The Hospitaller Priory», p. 118-119; GRECI, Roberto, «Prime presenze gerosolimitane nell’Emilia occidentale e nella Bassa lombarda», in Josepha COSTA RESTAGNO (a cura di), Riviera di Levante tra Emilia e Toscana: un crocevia per l’ordine di San Giovanni. Atti del Convegno, Genova-Rapallo-Chiavari, 9-12 settembre 1999, Bordighera, 2001 (Istituto Internazionale di Studi Liguri. Atti dei Convegni, IV), p. 413-414. 59 Sulla famiglia delle Carceri si rimanda a CASTAGNETTI, Andrea, La società veronese nel medioevo, II: Ceti e famiglie dominanti nella prime età comunale, Libreria Universitaria Editrice, Verona, 1987, p. 59-60; VARANINI, Gian Maria, La Chiesa veronese nella prima età scaligera. Bonincontro arciprete del capitolo (1273-1295) e vescovo (1296-1298), Padova, 1988, p. 21, 25; DE SANDRE GASPARINI, Giuseppina, «Ezzelino e la Chiesa veronese», in Giorgio CRACCO (a cura di), Nuovi studi ezzeliniani, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1992, p. 417, 438. Ringrazio Maria Clara Rossi per la segnalazione di questi riferimenti. Utili voci biografiche sono LUTTRELL, Anthony, «Dalle Carceri Ravano», in Dizionario Biografico degli Italiani, XXXII, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1986, p. 76-78; LONGON, Les Compagnons, p. 239-240. Sulla signoria di Negroponte è possibile 815 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS una casa e un casale situati nei loro nuovi domini60. Anche Guido Pelavicino61, membro di un’eminente lignaggio marchionale emiliano, e nuovo signore di Bondonitza62, destinò al Tempio, insieme ad Amédée de Pofoy, conestabile di Bonifacio, la località di Sydoni (identificabile con Lamia), che i Templari sostennero poi di aver dotato di un’efficace struttura difensiva63. Il senso e le caratteristiche di queste assegnazioni non sono semplici da interpretare data la scarsità di informazioni in merito. È opportuno notare che tra le donazioni e investiture che il Tempio ricevette in Romania dall’imperatore e dai baroni latini, solo quelle disposte dai lombardi riguardano tra l’altro anche centri fortificati. Come vedremo, non è da escludersi che tali investiture avessero, almeno nelle intenzioni dei donatori, un più o meno esplicito fine militare. Decenni più tardi gli stessi Templari lamenteranno di non essere autorizzati a combattere contro i Greci64, ma è comunque possibile che le fortezze o luoghi fortificati appena citati fossero stati dati al Tempio anche con lo scopo di _______________________________________________ consultare BURY, John B., «The Lombards and Venetians in Euboia (1205-1303)», Journal of Hellenistic Studies, 7, 1886, rist. 1971, Nendlen, p. 314-319; LONGNON, Jean, «Les seigneurs tierciers de Négropont de 1205 à 1280. Regestes et documents», Byzantion, 35 (1965), Bruxelles, p. 235-276. Quanto affermato nella nota precedente in merito ai da Canossa e al Tempio si applica anche ai dalle Carceri, che non paiono aver avuto alcun contatto con l’ordine in patria. Circa la presenza templare a Verona si veda TACCHELLA, Lorenzo, «Templari e Giovanniti in S. Vitale di Verona», Studi Storici Luigi Simeoni, 32 (1982), Verona, p. 127-138; LUTTRELL, «The Hospitaller Priory», p. 129; DE SANDRE GASPARINI, Giuseppina, «Breve storia di un prete veronese. Gualimberto di San Vitale e il movimento religioso duecentesco», in Carlo ALBARELLO, Giuseppe ZIVELONGHI (a cura di), Per Alberto Piazzi. Scritti offerti per il 50° di sacerdozio, Biblioteca Capitolare di Verona, Verona, 1998, p. 117-129; CARAVITA, Renzo, «Nuovi documenti sull’ordine del Tempio dall’Archivio Arcivescovile di Ravenna», Militia Sacra, 3, 2002, Verbania, p. 234-235, 260-269. 60 Esse erano rispettivamente poste nelle località Lageran e Oizparis: PL, 216, doc. 146, col. 329, doc. 154, col. 331; LOCK, The Franks, p. 235. 61 Su Guido Pelavicino e la sua famiglia si veda SCALIA, Giuseppe (a cura di), SALIMBENE DE ADAM, Cronica, 2 voll., Laterza, Bari, 1966, I, p. 547; ORTALLI, Da Canossa, p. 20-22; LONGNON, Les Compagnons, p. 241-242; GRECI, «Prime presenze», p. 413-414. Sul Tempio a Parma si veda ibi, p. 413 sgg. 62 Per la signoria di Bondonitza si rimanda ad HABERSTUMPF, Walter, Dinasti Latini in Grecia e nell’Egeo (secoli XII-XVII), Il Segnalibro, Torino, 2003, p. 47-91. In particolare, su Guido si vedano le p. 47-57. 63 Peter Lock identifica questa località con Lamia nella Grecia Orientale (l’odierna Zeitounion). Nella lettera che Innocenzo III indirizzò a Enrico I per difendere le rivendicazioni templari, il castello è chiamato Situm. La località era infatti denominata anche Citó. PL, 216, no. 136, col. 323; NICHOLSON, «The Motivations», testo relativo alla note 17, 19 e appendice); LOCK, Peter, Lamia, in Nicole BERIOU, Philippe JOSSERAND (a cura di), Prier et Combattre. Dictonnaire européen des ordres militaires au Moyen Âge, Fayard, Parigi, 2009, p. 532-533. Su Amédée de Pofoy si veda BLONDEL, M. Louis, «Amédée de Pofoy, de Cologny, Grand Connétable de Romanie», Bulletin de la Société d’Histoire et d’Archéologie de Genève, 9, 1950, Ginevra, p. 177-200. 64 Ad esempio, nel 1237 l’ordine rimarcava l’impossibilità di difendere adeguatamente i propri possedimenti in Romania dagli attacchi dei Greci poiché era appunto proibito eorum malitiam viribus cohibere. AUVRAY, Lucien (a cura di), Les registres de Gregoire IX, 5 voll., Bibliothèque des Écoles de France d’Athènes et de Rome, II série. Registres et lettres des papes du 13. siècle, A. Fontemoing, Parigi, 1896-1955, II, doc. 3521, coll. 567-568. 816 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO garantirne un certo presidio bellico, proprio in considerazione delle frequenti offensive greche65. È molto verosimile, ma purtroppo impossibile da determinare con certezza, che la preferenza verso il Tempio mostrata dai baroni lombardi a discapito dell’Ospedale, ordine molto vicino ai Monferrato e ben presente in Italia settentrionale e centrale66, fosse dovuta all’eventuale conoscenza diretta di Barozio o alla presenza in loco di Templari di ascendenza lombarda67. È parimenti impossibile appurare se e quale ruolo ebbero i Templari nella rivolta dei baroni lombardi contro Enrico I degli anni 1208-1209, durante la quale gli Italiani, guidati dal reggente successo a Bonifacio di Monferrato, Uberto II di Biandrate, membro di un’altra casata che ebbe documentati rapporti con il Tempio68, tentarono di rendersi indipendenti dal controllo imperiale. Nella ribellione risultano coinvolti, in maniera più o meno marcata, tutti i nobili lombardi che avevano elargito concessioni ai Templari, senza dimenticare il conestabile di Bonifacio di Monferrato, Amédée de Pofoy69. Il supporto dato dall’ordine monastico militare ai lombardi è stato ipotizzato in primo luogo sulla base di un passo della cronaca di Henri de Valenciennes, nel quale l’autore rimarca che, dopo la mancata partecipazione dei signori ribelli all’assise convocata dall’imperatore a Ravennika, l’imperatore Enrico decise di conquistare “il castello dei Lombardi”, identificato da alcuni storici proprio con la fortezza concessa da Bonifacio ai Templari70. Appare però singolare che il cronista non definisca tale località _______________________________________________ La missiva papale che concerne la concessione di Sydoni ricorda ad esempio che essa era stata motivata intuitu pietatis, ma i Templari tenevano a rimarcare di aver edificato un castello in tale località non senza ingenti fatiche e spese. Helen Nicholson puntualizza che in loco esisteva già una fortificazione bizantina e rimarca inoltre che nell’area non è nota l’erezione di ulteriori opere difensive o fortificazione di luoghi affidati al Tempio. PL, 216, doc. 323, col. 323; LOCK, The Franks, p. 234; NICHOLSON, «The Motivations», testo relativo alle note 17 e 22. È inoltre da ricordare che lo stesso Innocenzo sottolineò ripetutamente che le concessioni date ai Templari erano destinate al sostegno della Terrasanta. Si veda, ad esempio, PL, 216, doc. 109, col. 470 e ibi, 216, doc. 137, col. 324. 66 BORDONE, Renato, «I cavalieri di San Giovanni ad Asti e nel Monferrato», in Josepha COSTA RESTAGNO (a cura di), Cavalieri di San Giovanni e territorio. La Liguria tra Provenza e Lombardia nei secoli XIII-XVII. Atti del Convegno, Genova-Imperia-Cervo, 11-14 settembre 1997, Genoa, 1999 (Istituto Internazionale di Studi Liguri. Atti dei Convegni, II), p. 339-375; BORDONE, Renato, «I marchesi di Monferrato e i cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme durante il XII secolo», in SOLDI RONDININI, Il Monferrato, p. 73-87. 67 Tale ipotesi è condivisa da Helen Nicholson, soprattutto in virtù della missione affidata Barozio presso la corte papale. NICHOLSON, «The Motivations», testo corrispondente alla nota 11. Per una lista complessiva delle spettanze degli ordini militari in Romania si veda l’appendice che correda il testo della studiosa britannica. 68 BELLOMO, The Templar Order, p. 129-131. 69 BLONDEL, «Amédée de Pofoy», p. 183-187; HABERSTUMPF, Dinastie europee, p. 164-174; ORTALLI, Da Canossa a Tebe, p. 7-10; HABERSTUMPF, Dinasti latini, p. 54-55; MAESTRI, Bonifacio, p. 86-88. 70 LOCK, The Franks, p. 58-59, 234; LOCK, Peter, Romanie, in BERIOU, JOSSERAND, Prier et Combattre, p. 806; LONGNON, Jean (a cura di), HENRI DE VALENCIENNES, Histoire de l’Empereur Henri de Constantinople, Paul Geuthner, Parigi, 1948 (Documents relatif à l’histoire des Croisades, II), p. 110, § 671. Il castello è identificato con la fortezza templare alla nota 4 dell’apparato critico. 65 817 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS come “castello dei Templari”, e usi invece un’espressione che ricorre nel paragrafo immediatamente successivo per designare Cadmeia, la rocca di Tebe, signoria dei da Canossa, assediata appunto da Enrico71. L’identificazione del castello oggetto dell’attacco dell’imperatore rimane quindi dubbia e tanto più rimane indimostrato, in base a questa fonte, il coinvolgimento del Tempio nella ribellione lombarda. Sono invece altre le informazioni che potrebbero adombrare una certa vicinanza tra Templari e baroni italiani in questa occasione, ma anche l’interpretazione di tali dati è tutt’altro che agevole e, come vedremo, essi si prestano meglio ad una ben diversa lettura. Molte spettanze destinate ai Templari dai crociati lombardi nella Romania latina ci sono infatti note perché oggetto di controversie, attestate dal 1210 in poi. Il castello di Ravennika fu tolto ai Templari da Enrico I72. L’imperatore privò inoltre il Tempio anche della fortezza di Sydoni73 e, nello stesso periodo, Margherita di Ungheria, la vedova di Bonifacio I che aveva disconosciuto la rivolta lombarda, avocò a sé diritti e possedimenti non meglio specificati concessi dal marito all’ordine monastico militare74. Queste informazioni paiono effettivamente suggerire una netta disaffezione di Enrico e Margherita nei confronti del Tempio, il quale venne privato della gestione di ben due luoghi fortificati (e tale dato non è certo da sottovalutare) e di altre spettanze. Un elemento che è stato però sinora completamente trascurato dalla storiografia è che Enrico decise di affidare le fortezze di Sydoni e Ravennika a Ranieri di Travale, ovvero uno dei baroni lombardi che più a lungo aveva perseverato nella ribellione75. Una decisione davvero difficilmente comprensibile se si interpreta la sottrazione del centro fortificato ai Templari come una ritorsione per il loro sostegno ai lombardi. La scelta di Enrico è pienamente conforme alla politica pacificatrice voluta dall’imperatore, il quale, al termine del dissidio con il Biandrate, lo nominò addirittura suo balivo76. A tale prima riflessione è opportuno affiancare il fatto che i Templari costituirono in Romania una forza strettamente legata a Roma (e non ai poteri locali) e, soprattutto, restia a fornire prestazioni militari che non concernessero il loro scopo primario di sostenere la crociata contro i musulmani. Ce lo conferma il fatto che Geoffrey I de Villardoin arrivò ad usurpare le terre date alla Chiesa nei propri domini greci, dalle quali non gli veniva reso alcun servizio militare, e che la contesa, dopo essersi trascinata a lungo, si risolse con un accordo che prevedeva che gli organismi ecclesiastici presenti sul territorio, compresi il Tempo e l’Ospedale, rendessero _______________________________________________ LONGNON, (a cura di), HENRI DE VALENCIENNES, Histoire, p. 111, § 672. PL, 216, doc. 137, col. 324. 73 PL, 216, doc. 109, col. 470. 74 PL, 216, doc. 152, coll. 330-331; LOCK, The Franks, p. 235; HABERSTUMPF, Dinastie europee, p. 170. 75 Su Ranieri si rimanda a ORTALLI, Da Canossa, p. 7, 9, 10, 37; HABERSTUMPF, Dinastie europee, p. 168-170. 76 LONGNON, (a cura di), HENRI DE VALENCIENNES, Histoire, p. 118, § 687. 71 72 818 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO a Geoffrey almeno il servizio militare comunemente previsto per l’investitura dei beni ricevuti77. È stato inoltre notato che alle prime concessioni, elargite dai crociati a seguito della conquista delle nuove signorie greche, segue un periodo di usurpazioni dei beni destinati al clero e agli ordini militari. In questo quadro appare particolarmente significativo che il Tempio rappresentasse un ordine di provata fedeltà al pontefice e per di più non autorizzato a combattere contro nemici cristiani quali i Greci. Come infatti sottolinea Helen Nicholson, gli ordini monastico militari cercarono di consolidare e sfruttare al meglio le posizioni acquisite in Romania, ma con il primario intento di compiere la loro missione originaria, ovvero difendere la Terrasanta, e cercando di eludere i servizi militari locali connessi alle spettanze loro affidate. In base a questa ricostruzione è facile comprendere perché Enrico avesse preferito sottrarre al Tempio la gestione di Sydoni e Ravennika78. Riassumendo, appare certo che il Tempio beneficiò di diverse assegnazioni, alcune di carattere spiccatamente militare, da parte dei baroni lombardi rimasti in Grecia, il che evidenzia il sussistere di positivi rapporti tra tali soggetti, rapporti che, in base alla documentazione in nostro possesso, non hanno riscontro in Italia. Tali legami paiono dunque essere nati con la crociata e questo dato rafforza l’ipotesi che Barozio e membri del suo ordine avessero effettivamente seguito la spedizione e che i baroni lombardi avessero maturato una diretta conoscenza del Tempio proprio in tale occasione. Non è possibile affermare che questo legame avesse spinto i Templari a solidarizzare con i baroni nella loro ribellione all’imperatore Enrico, mentre è invece opportuno rimarcare che problemi nel mantenere beni e diritti concessi al Tempio sono sì evidenziati in seguito alla rivolta lombarda, ma si riconnettono più probabilmente al fatto che la dipendenza dal Papato e la proibizione di ingaggiare battaglia con i Greci rendesse il Tempio un alleato militare poco valido79. In conclusione è possibile notare che, sia in Italia, sia in Romania, il legame tra il Tempio e lignaggi ormai in crisi ha, nella visione di tali famiglie, una funzione chiaramente strumentale, che va però adattandosi alle diverse situazioni locali. In Italia, casate di diversa estrazione e importanza, ma parimenti oggetto della crescente pressione _______________________________________________ Per una ricostruzione di tale vicenda si veda NICHOLSON, «The Motivations», testo concernente le note 33-35; MOLIN, Kristian, «The Military Orders in the Chronicle of Morea», in Judith UPTON-WARD, (a cura di), The Military Orders, IV. On Land and by Sea, Aldershot, Ashgate, p. 36. 78 BLONDEL, «Amédée de Pofoy», p. 188-189; NICHOLSON, «The Motivations», paragrafi successivi alla nota 37 (per Helen Nicholson i Templari con tutta probabilità ripristinarono le fortificazioni di Sydoni “out of necessity”: paragrafo precedente alla nota 21). Probabilmente consapevoli di tale problema relativo alle loro prestazioni militari, i Templari enfatizzarono il fatto di aver fortificato Sydoni pro defensione terrae. 79 È opportuno ricordare che anche i beni destinati al Tempio dai da Canossa furono oggetto di usurpazioni e che lo stesso Ravano dalle Carceri non rispettò le concessioni fatte all’ordine. PL, 216, docc. 153-154, col. 331. 77 819 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS dei comuni e di inarrestabili frammentazioni patrimoniali cercano nel reclutamento nel Tempio una via per mantenere un certo controllo sui domini aviti grazie alla conduzione delle case che l’ordine detiene in tali zone. In alcuni casi i figli cadetti che entrano nell’ordine riescono a creare solidi gruppi consortili al suo interno e a raggiungere dignità provinciali80. I lignaggi che aderiscono alla Quarta Crociata sono vittime della medesima situazione. Emblematica è la parabola dei da Canossa, che riescono inizialmente ad eludere le pressioni di Reggio e che, in un secondo tempo, quando sono orami sottoposti alla sua crescente autorità, vengono coinvolti nelle lotte di fazione che lacerano il comune e sono infine estromessi dalla vita pubblica. Altrettanto eloquente è la descrizione dello sdegno del marchese Pelavicino nei confronti della nuova autorità dei comuni, efficacemente tratteggiata da Salimbene de Adam, chiara spia di un effettivo disagio di fronte all’«alterarsi dei vecchi rapporti sociali ed equilibri di potere»81. Per queste casate la crociata è occasione di riscatto e possibilità di un nuovo inizio, nel quale i Templari, ancora intesi come istituzione utile nel controllo, anche militare, del territorio, sono nuovamente coinvolti come esiti, però, ben differenti. Note sui rapporti tra il Tempio, Genova e Venezia A corollario di questo contributo vorrei accennare alle ripercussioni che la lotta tra Genova e Venezia ebbe sulla presenza del Tempio nelle aree controllate da tali comuni. In altra sede ho già ricostruito dettagliatamente i rapporti tra Genova e l’ordine templare in Oriente e in Liguria, sottolineando come l’adozione di posizioni politiche differenti in oltremare avesse chiaramente sfavorito lo sviluppo della presenza templare a Genova e incoraggiato invece proficui rapporti tra la Superba e l’Ospedale, che nel Levante condividevano i medesimi orientamenti politici. Nel caso di Genova gli attriti con il Tempio, che sfociarono anche in conflitti navali, ebbero un rilevante impatto su una vasta area geografica, poiché il comune genovese nel corso dei secoli XII e XIII era riuscito ad acquisire il completo controllo della riviera e dell’entroterra liguri. In quest’area, così strategica per le relazioni tra Oriente e Occidente, la presenza templare rimase quindi puramente marginale82. _______________________________________________ BELLOMO, The Templar Order, p. 129-147. ORTALLI, Da Canossa a Tebe, p. 14-31; SALIMBENE DE ADAM, Cronica, I. p. 547. 82 BELLOMO, The Templar Order, p. 43-57; BELLOMO, Elena, «Metodi d’indagine sulla milizia templare in Italia nord-occidentale (1142-1308)», Rivista di Storia della Chiesa di Italia, 64, 2010, Roma, p. 19-24. 80 81 820 Oriente e Ocidente O SUPORTE LOGÍSTICO E HUMANO I rapporti di evidente vicinanza tra Venezia e il Tempio, ben documentati in oltremare in diverse occasioni (in particolare nella Guerra di S. Saba), devono invece ancora essere studiati nelle loro ripercussioni in Occidente83. In questo caso, poiché la conquista della terraferma veneta è fenomeno ben più tardo, le ricerche devono concentrarsi su Venezia stessa e sul bacino dell’Adriatico. Purtroppo gran parte della documentazione notarile basso medievale veneziana è ancora inedita. Lo spoglio delle fonti pubblicate ha comunque portato a rintracciare significative menzioni del Tempio, che vanno dal nolo di navi veneziane a pie donazioni, da deliberazioni del Maggior Consiglio a rapporti con confraternite di mestiere84. In questa sede vorrei concentrarmi unicamente su un documento rogato nel 1247, che riporta la pacificazione tra la Serenissima e i cittadini di Zara, i quali più volte si erano ribellati al dominio veneziano85. Tale patto fu stilato presso la casa veneziana del Tempio al cospetto di vari testimoni, tra i quali il maestro di tale fondazione e i suoi confratelli. La scelta di S. Maria del Tempio quale luogo di stipula dell’atto ci presenta i Templari come interlocutori ben accetti agli Zaratini a ulteriore conferma che durante la Quarta Crociata essi avessero effettivamente costituito una presenza non belligerante. Inoltre, i Templari rappresentavano in Slovenia, Dalmazia e Croazia una forza di notevole rilievo grazie al possesso di ampie e ricche proprietà e all’insediamento in località strategiche come il porto di Segna (oggi Senj)86. È poi opportuno rimarcare che il doge che _______________________________________________ Per una breve introduzione a tale conflitto si veda CLAVERIE, Pierre-Vincent, «Guerre de Saint Sabas», in BERIOU, JOSSERAND, Prier et Combattre, p. 408-409. 84 Documenti del commercio veneziano, doc. 158, p. 155-156; MOROZZO DELLA ROCCA, Raimondo (a cura di), Nuovi documenti del commercio veneto dei sec. XI- XIII, Deputazione di Storia Patria per le Venezie, Venezia, 1953, doc. 82, p. 91; CESSI, Roberto (a cura di), Deliberazioni del Maggior Consiglio di Venezia, 3 voll., Regia Accademia dei Lincei, Zanichelli, Bologna, 1931-1950, II p. 51; MONTICOLO, Giovanni (a cura di), I capitolari delle arti veneziane sottoposte alla giustizia e poi alla Giustizia vecchia dalle origini al MCCCXXX, 3 voll., Fonti per la Storia d’Italia, 26-28, I, p. 50, II, p. 177, 333, 347; FAVARO, Elena (a cura di), Cassiere della Bolla ducale. Grazie-novus liber (1229-1305), Fonti per la Storia di Venezia, sezione I, Archivi pubblici, Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di Venezia, Venezia, 1962, n° 248, p. 59; BARONI, Manuela (a cura di), Notaio di Venezia del sec. XIII (1290-1292), Fonti per la storia di Venezia, sezione III, Archivi notarili, Comitato per la pubblicazione delle fonti relative alla storia di Venezia, Venezia, 1977, doc. 278, p. 75; CARAVITA, Renzo, Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna (1303-1321) al Tempo di Dante, Olshki, Firenze, 1964, p. 107, 163; TACCHELLA, Gli insediamenti, p. 129-131. 85 WENZEL, Gusztav (a cura di), Codex diplomaticus Arpadianus continuatus, 12 voll., Eggenberger Ferdinánd Akademiai, Pest, 1860-1874, XI, doc. 251, p. 349-358. Sui rapporti tra Zara e Venezia si veda TADIČ, Jorjo, «Venezia e la costa orientale dell’Adriatico», in Agostino PERTUSI, (a cura di), Venezia e il Levante fino al secolo XV, 2 voll., Olshki, Firenze, 1973-1974, I, Storia, Diritto, Economia, p. 687-697; GOLDSTEIN, Ivo, «Zara fra Bisanzio, Regno ungaro-croato e Venezia», in ORTALLI, RAVEGNANI, SCHREINER (a cura di), Quarta Crociata, I, p. 355-370. 86 Un quadro della presenza templare in Croazia e Dalmazia si trova in KOSI, Misha, «The Age of the Crusades in the South-East of the Empire (between the Alps and the Adriatic», in HUNYADI, LASZLOVSZKY, The Crusades, p. 136-139. 83 821 ORDENS MILITARES FREIRES, GUERREIROS, CAVALEIROS siglò l’accordo con gli Zaratini era Giacomo Tiepolo, padre di Lorenzo Tiepolo, l’ammiraglio della flotta veneziana che si distinguerà proprio nella guerra oltremarina di S. Saba87. L’anno successivo era ancora a Venezia che, sempre sotto l’egida del Tiepolo, trovava una prima soluzione una vertenza tra i Templari e alcuni gruppi di mercanti relativa all’insediamento di Segna88. Appare quindi evidente che il dialogo tra il Tempio e Venezia non si estingue in Oriente o in relazione alla crociata, ma che esso è ben più complesso anche in virtù dell’importanza della presenza templare sulle coste dell’Adriatico orientale. È questa una linea di indagine ancora da esplorare e che, nuovamente, viene a svilupparsi lontano dai territori dell’Italia settentrionale dai quali essa prende le mosse. In conclusione i percorsi di ricerca delineati in questo contributo pongono in evidenza l’importanza, purtroppo a lungo negletta, che l’Italia settentrionale ebbe nello svolgimento delle funzioni militari e logistiche del Tempio in Oriente e, soprattutto, ribadiscono la chiara necessità di valutare la documentazione superstite in una visione che trascenda la dimensione locale o regionale per abbracciare dinamiche mediterranee. È proprio in questa ampia prospettiva che anche informazioni che paiono di pura pertinenza locale assumono infatti valenze inaspettate ed acquisiscono una complessità inedita. _______________________________________________ CLAVERIE, L'ordre du Temple, I, p. 67 sgg. SMICIKLAS, Tadija et alii (a cura di), Codex Diplomaticus Regni Croatiae, Dalmatiae et Slavoniae, Tiskara izdavackog zavoda jugoslaveske Akademie znanosti i umjetnosti, Zagabria, 1967, 4, doc. 314. La controversia, che ebbe un lungo seguito, è sommariamente delineata in KOSI, «The Age of the Crusades», nota 112. In base alla documentazione superstite i contorni della vertenza appaiono ancora poco chiari. Nel 1239 Segna era stata data alle fiamme e alcuni mercanti di Venezia, Arbe e Veglia avevano patito consistenti danni dei quali richiedevano il risarcimento da parte del Tempio. In realtà, la documentazione non spiega esattamente come e perché i Templari fossero coinvolti nella questione, avessero danneggiato i querelanti e chi avesse in effetti attaccato e distrutto la città. Ibidem. 87 88 822