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L'Iraq, mezzo milione di morti dopo

Una ricerca traccia un nuovo bilancio del conflitto che ha sconvolto il paese

di Dan Vergano

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Baghdad: il vetro in frantumi del finestrino di un minibus distrutto da una bomba che ha ucciso due civili e ferito altri 13. Fotografia di Ahmad Al-Rubaye, AFP/Getty

La guerra e l'occupazione in Iraq hanno causato, direttamente o indirettamente, circa mezzo milione di vittime (su 32, 6 milioni di abitanti) tra il 2003 e il 2011, con un picco nel 2006-2007. È la conclusione di un nuovo studio pubblicato dalla rivista PLOS Medicine.

Il 19 marzo 2003 le forze della coalizione guidata dagli Stati Uniti invasero l'Iraq, dando il via a una guerra che in breve tempo portò alla presa di Baghdad e alla caduta del regime di Saddam Hussein. L'occupazione militare si è protratta fino al 2011 ed è stata segnata da ripetuti attentati, ribellioni guidate da al Qaeda e altri gruppi terroristici, scontri fra milizie; gran parte delle violenze avvennero in questo periodo.

Per la nuova ricerca, guidata da Amy Hagopian, esperta di sanità pubblica della University of Washington di Seattle, un team internazionale di studiosi ha condotto un'indagine statistica intervistando i membri di circa 2.000 famiglie in tutte le regioni dell'Iraq. L'obiettivo era aggiornare e migliorare le stime sui costi umani della guerra e dell'occupazione.

"Pensiamo che i morti siano
circa mezzo milione", dice Hagopian. "Ed è con tutta probabilità una stima prudente. La gente deve sapere quanto costa in termini di vite umane la decisione di andare in guerra".

Dal sondaggio emerge un totale di circa 405.000 morti attribuibili alla guerra e all'occupazione tra il 2003 e il 2011, a cui, secondo le stime degli autori, andrebbero aggiunte almeno altre 56.000 vittime che appartenevano a famiglie costrette a lasciare l'Iraq. A quanto sostiene lo studio, più del 60 per cento delle morti in eccesso [rispetto all'aspettativa di vita media, ndt] di uomini, donne e bambini iracheni è stata direttamente causata da colpi d'arma da fuoco, bombe, attacchi aerei o altre violenze; il resto è dovuto a cause indirette, dallo stress che ha favorito un aumento degli infarti alle pessime condizioni degli ospedali e delle fognature.

"La guerra uccide in tanti modi, non solo con le pallottole", commenta Hagopian. "E ha un prezzo non solo per il paese invaso, ma anche per gli occupanti". In Iraq sono morti circa 4.800 soldati delle forze della coalizione, in maggioranza americani, ma anche britannici, italiani e di altri paesi.

In passato sono state fornite stime molto variabili sul numero degli iracheni uccisi durante la guerra e l'occupazione. Alcuni documenti dell'esercito americano svelati da Wikileaks fissavano il totale a "più di 100 mila". Per contro, uno studio condotto da Opinion Research Business, un'agenzia di sondaggi londinese, calcolò che i morti fino al 2007 erano ben  1,2 milioni, ma fu accolto da molte critiche e smentite. 

"I nostri collaboratori, tutti iracheni, hanno bussato alle porte delle case e condotto le interviste", spiega Hagopian. Così il sondaggio ha ottenuto un tasso di risposta altissimo: oltre il 98 per cento. Agli intervistati venivano chieste informazione sui decessi dei congiunti, sia recenti che molto distanti nel tempo.

"È un lavoro davvero serio e credibile", commenta l'epidemiologo Leslie Roberts della Columbia University di New York, che in passato ha guidato indagini sulla mortalità nella Repubblica Democratica del Congo, nello Zimbabwe e nello stesso Iraq. "Credo che sia molto importante avere un quadro accurato di quello che è successo davvero", prosegue, ricordando che nel 2005 l'allora presidente americano George W. Bush sostenne che il totale dei civili iracheni morti nel conflitto si aggirava intorno alle 30 mila persone.

Come Hagopian, Roberts ritiene che il nuovo studio fornisca stime fin troppo prudenti, poiché si basa sui ricordi - necessariamente imperfetti - dei cittadini intervistati e sottostima le vicende del milione e 100 mila iracheni che vivono nei campi profughi o in esilio.

Altre conclusioni della ricerca: l'epicentro delle violenze è stato Baghdad; alle forze della coalizione va imputato il 35 per cento delle uccisioni, mentre i gruppi armati locali sono responsabili del 32 per cento; l'anno più cruento è stato il 2007, seguito nel 2008 da un rapido calo degli episodi di violenza. 

Purtroppo però la violenza continua, come nota in un allegato alla ricerca Salman Rawaf, direttore del Centro di Collaborazione OMS per la ricerca e la formazione in sanità. Secondo le stime dell'agenzia France Presse, quest'anno circa 5.000 iracheni sono morti per attentati e sparatorie. Il ritorno della violenza settaria indica che "nell'Iraq di oggi il problema non è più sapere quante persone sono morte in passato, ma come fare per evitare nuove morti", dice Rawaf.

(17 ottobre 2013) © Riproduzione riservata

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